Siamo a Manfredonia, in provincia di Foggia, per conoscere l’antica pratica della «lotta col bastone». Il bastone utilizzato in quest’attività nasce inizialmente come sistema di difesa contro le aggressioni degli animali e con l’andare del tempo si è evoluto invece in una forma ludica, diventando uno strumento di gioco e di lotta.
La Lotta col bastone è un’antica tradizione figlia di un «passatempo» di contadini e agricoltori, che si allenavano nei campi durante i pochi tempi morti della loro attività. I più bravi, si cimentavano negli spazi stretti tra i fichi d’india o gli ulivi.
Si giocava però non solo in terraferma, ma anche sulle navi, tra marinari, durante le lunghe traversate.
Gli incontri si fanno sempre uno contro uno e durano un massimo di tre minuti, l’arbitro assegna i punti in base alle parti del corpo colpite, con una tecnica che assomiglia a quella del fioretto. L’autocontrollo è fondamentale, e un tempo era vietato toccare l’avversario, per questo non erano necessarie protezioni.
In generale, chi praticava il bastone pugliese veniva rispettato, e dopo molti anni di questa pratica poteva accedere all’addestramento per la pratica del tiro col coltello. Curiosa la tradizione per cui il figlio non potesse mai apprendere queste pratiche dal padre, questo innanzitutto per una questione di rispetto, poiché non doveva mai sapere se era diventato più bravo e perché era comune ritenere che dovesse continuare a temerlo.
A partire dagli anni Settanta, molti praticanti hanno abbandonato questa vecchia e tradizionale arte di lotta, per avvicinarsi alle arti marziali orientali, del tutto diverse dalla Lotta col bastone pugliese per regole e filosofia.
Per chi lo pratica tuttora emerge invece più l’aspetto sportivo della lotta, con l’eliminazione di una parte verbale iniziale che una volta serviva ad evitare malintesi e possibili accostamenti a vecchi codici malavitosi.