Intervista ad Ambrogio Sparagna

  • Agli inizi della sua carriera ha collaborato con Diego Carpitella, quali sono stati gli insegnamenti più importanti?
    Certamente sono stati molti e ognuno ha apportato qualcosa, poiché vivere un’esperienza a contatto con una figura così importante non può che regalare esperienza e conoscenza. Sicuro è che il momento decisivo per il mio percorso è stato l’incontro, grazie a lui, con il mondo dell’audiovisivo.

 

  • Il suo lavoro è dedicato in particolar modo al centro e al sud Italia, esistono altre zone o spunti di interesse che aprono nuovi scenari di ricerca e scoperta?
    Ma certo! Da alcuni anni sto lavorando a un progetto nell’area di Comacchio, precedentemente nella mia carriera ho sviluppato un lavoro nelle aree alpine, non sono uno studioso esclusivamente rivolto al meridione. Lavorando a Roma è chiaro che mi sia più semplice e pratico rivolgere i miei studi alle popolazioni calabresi o meridionali, ma il mio interesse va in generale verso le tradizioni italiane tutte, i canti sociali, i canti di montagna e oltre.

 

  • È certo che grazie al suo lavoro si è riscoperto l’organetto, cosa ne pensa di questa nuova diffusione e passione?
    Le dico solo che quando iniziai negli anni ’70 a suonarlo eravamo rimasti in dieci, e a oggi la produzione di organetti va dai 10000 ai 15000 pezzi all’anno, si realizzano più organetti che violini. Sicuramente dobbiamo essere fieri di questo dato che mette l’Italia al primo posto rispetto ad altri paesi in Europa.

 

  • Nel suo lavoro predilige arrangiare brani tradizionali o comporre temi a danza?
    Faccio il compositore e il mio lavoro è anche quello di essere elaboratore di canti popolari. Anche nella esperienza della Notte della Taranta al Parco della Musica ho cercato di sviluppare il lavoro della valorizzazione del repertorio musicale tradizionale, recuperare, riproporre ma ritengo che serva anche una attività compositiva. Cerco di muovermi sempre dentro il codice di musica popolare, cerco di rinnovare mantenendo un codice molto molto fermo. Perché non bisogna dimenticare che anche il repertorio serve, anche gli organetti dell’Orchestra devono suonare, serve un repertorio da diffondere?!
    Le fonti sono fondamentali, le Spiego ad esempio Tornando a Carpitella, ho elaborato molti canti che facevano parte della sua raccolta, il mio lavoro ha dentro si sé questa parte creativa compositiva che diventa decisiva nella realizzazione di progetti, altrimenti il mio sarebbe un lavoro molto riduttivo.
  • Come è nata l’esperienza dell’Orchestra Popolare Italiana dell’Auditorium del Parco Della Musica?
    Ho fondato l’Orchestra Popolare Italia dall’esperienza della Notte della Taranta. Ho dato vita a questo organico con l’idea di valorizzare il patrimonio, non limitatamente regionale, ma nazionale. Pensavo a un’orchestra che unisse musicisti, cantori, danzatori, che venivano da varie esperienze e potessero contribuire ai progetti con la propria identità. Anche in occasione dello spettacolo che terremo al Festival del Tocatì c’è l’idea di un progetto che unisca canto, danza e musica. Rimaniamo nell’ambito della ricerca e sperimentazione, nel tentativo di coniugare riproducibilità e spettacolarità elementi essenziali per la realizzazione di progetti simili.